Ho seguito una lezione online con Dr. Siegel e ho pensato di condividere nel blog i miei appunti. Per chi non conosce Dan Siegel, lui è professore di psichiatria alla Scuola di Medicina UCLA e co-direttore di Mindful Awareness Research Center a UCLA. Come spiega nel corso, è anche psicoterapeuta e ha esperienza nel lavoro con i pazienti che hanno subito un trauma.
Per prima cosa, Siegel vuole distinguere tra Adverse childhood experiences (esperienze avverse dell’infanzia), come per esempio un genitore che ha una malattia mentale, violenza domestica tra genitori, e che hanno un impatto negativo sullo sviluppo del bambino. Alcuni utilizzano la parola trauma per queste esperienze, altri – come Siegel, utilizzano la parola trauma per esperienze infantili chiamate developmental trauma, e che possono essere divise in due tipi:
- neglect (trascuratezza, isolamento emozionale, fisico o di qualsiasi tipo, assenza di qualcosa di positivo – cura fisica, cura emozionale)
- abuso – la presenza di qualcosa di negativo: abuso fisico (qualcuno che ti sgrida tutto il tempo), abuso emozionale (qualcuno che ti manipola nel significato delle cose) abuso fisico (qualcuno che ti mena) abuso sessuale (qualcuno che ti coinvolge nella propria eccitazione, qualcuno che tocca i tuoi genitali, da bambino)
Citando degli studi, Siegel afferma che il trauma influisce sul cervello nella capacità di integrazione, dove per integrazione si intende la capacità di collegare varie parti del cervello. Essa è alla base di ogni forma di regolazione (dell’attenzione, dell’emozione, del senso del se, della memoria autobiografica e narrativa, del modo in cui cinsi relaziona con gli altri, della moralità).
I programmi mindtraining aiutano proprio all’integrazione, secondo la pratica clinica del terapeuta – anche se, dice l’autore, non ci sono ancora studi su persone sottoposte a trauma che hanno seguito questi training.
Una comunicazione sintonizzata (attuneed comunication) è l’opposto dell’abuso e del neglect. Una comunicazione sintonizzata significa che il caregiver rispetta la differenza tra i bisogni del bambino (di vicinanza fisica, di essergli rispettati i confini) e i propri bisogni come persona separata, con le proprie opinioni, come una persona differenziata. Questo tipo di relazione integrativa, caratterizzata da comunicazione sintonizzata, risuonando con il bambino per sviluppare la fiducia, stimola l’integrazione nel cervello del bambino, che è la base del benessere.
Una relazione sintonizzata con i propri genitori porta ad una relazione integrata con noi stessi, che è lo stesso risultato voluto dei programmi di meditazione e mindfulness. Stiamo creando una relazione integrata con noi stessi quando siamo presenti, sintonizzati, quando stiamo risuonando con noi stessi con accettazione e quando sviluppiamo fiducia.
Che cosa si può fare concretamente, quindi, per coltivare l’integrazione del cervello e del corpo? Ci sono alcuni esercizi di meditazione e mindfulness che si focalizzano su:
- imparare a focalizzare l’attenzione con più stabilità
- aprire la consapevolezza (open awareness) per diventare più ricettivi e accettarsi
- coltivare intenzione gentile (caring, concern, compation)
Siegel ipotizza (senza però ricerche alla mano) che ci sono anche conseguenze fisiologiche delle esperienze avverse dell’infanzia:
- livelli alti di stress
- abbassamento del funzionamento del sistema immunitario
- disturbi nel funzionamento del cuore (pressione alta, cattiva comunicazione tra cuore e cervello)
- aumento delle infezioni
- malfunzionamento di un enzima- telomerasi, la quale controlla i cromosomi che dovrebbero mantenere le cellule sane e farle crescere bene
Inoltre, gli esercizi utili all’integrazione del cervello aiutano anche a diminuire queste 5 conseguenze negative fisiologiche delle esperienze traumatiche nell’infanzia.
Siegel suggerisce, a chi ha subito un trauma, di lavorare con un facilitatore all’inizio nella pratica della meditazione o mindfulness, perché alcune pratiche possono essere all’inizio spaventose, per la natura del trauma e i suoi effetti.
Alla fine del lavoro sul trauma, dovresti essere in grado di stare nella consapevolezza (sit in awareness): stare nella consapevolezza per qualsiasi cosa, anche se disturbante. Per esempio, se viene fuori una memoria disturbante, si deve essere in grado di dirsi che questa è una memoria e non è la totalità di chi sono.
Siegel da indicazioni su come affrontare qualsiasi cosa nel lavoro con trauma, ma non solo, con un acronimo- COAL:
C- curiosity (curiosità): di cosa si tratta?
O-openess (apertura): è quello che è
A-acceptance (accettazione): non cerco di allontanare o eliminare ciò di cui prendo consapevolezza
L-love (amore): con una intenzione gentile
Il perdono non vuol dire pensare che ciò che è successo è stato buono. Il passato era quello che era, e il perdono ha a che fare più con l’accettazione di ciò che è stato.
Una delle emozioni molto presenti in chi ha subito un trauma è la vergogna. Mentre la colpa è pensare che ho fatto qualcosa di sbagliato, la vergogna è pensare che sono sbagliato (il corpo lo sento pesante, mi nascondo, non ti posso guardare, posso pensare che mi manca qualcosa) e viene con un senso di grande impotenza, perché se sono sbagliato, danneggiato, penso che non c’è niente da fare. La vergogna è adattiva da bambini, perché ti ha salvato dall’impazzire: se da bambino avresti pensato che c’era qualcosa di sbagliato nei tuoi genitori abusanti, ti saresti sentito completamente senza sicurezza e saresti impazzito. Allora paradossalmente per un bambino è più sensato pensare che, se mi hanno fatto qualcosa di male, se sono stato abusato, vuol dire che c’è qualcosa che non va con me, che non sono una buona persona. Da grande poi credi alla tua mente: la tua mente dice che non sei una brava persona e se una persona ti ama, non puoi tollerare questo. Un altro aspetto può essere che se tu mi ami e a me piace essere amato da te, so che ad un certo punto arriverai a sapere la verità – “non sono una brava persona” – e che mi lascerai. Allora ti lascerò io per primo, almeno sarò dalla parte del potere invece che mancante di potere. La vergogna, quindi, ai tempi del trauma, è stata una soluzione intelligente e creativa davanti ad una situazione impossibile. Siegel sottolinea come sia molto importante che la vergogna venga nominata: nel suo lavoro con persone traumatizzate, la guarigione è stata spesso bloccata da qualcosa che non poteva essere nominato.
Il processo di integrazione permette alla persona che ha lavorato con il trauma di diventare empowered (forte, in grado di gestire) e di pensare che non deve diventare quella memoria traumatica. La memoria traumatica, invasiva, che non è collegata con quello che chiamiamo memoria esplicita (del tipo “sto ricordando qualcosa del passato”) viene chiamata memoria implicita. Nella sua forma pura, creata dal trauma, quando attivata, sembra che succeda nel momento presente. È una ipotesi degli anni 90, che sostiene che questo è il motivo per cui abbiamo flash back: quando si ha memoria implicita pura e non è vista come qualcosa del passato.
Molte persone traumatizzate evitano l’apertura di consapevolezza (“open awareness”) perché è uno spazio di massima incertezza. E per chi è stato abusato o trascurato, l’incertezza va evitata a tutti i costi. Ma se guardiamo bene, questo spazio di massima incertezza è anche il posto di tante opzioni, possibilità e potenziale, come spiega nel suo libro “Diventare consapevoli. una pratica di meditazione rivoluzionaria”. Quando sei perso in questi picchi, ti stai inconsapevolmente proteggendo in questo senso di certitudine, che in realtà ti sta imprigionando. È una prigione creata dal trauma però mantenuta dalla propria mente, ma la bella notizia è che dopo il lavoro con questi pazienti, quando lasciavano la cima ed entravano in questo spazio di incertezza ma anche di possibilità, non entravano più in panico ma sperimentavano libertà e possibilità. Ed è qui che emergeva uno stato di benessere che prima non poteva esistere, perché si stava tesi per proteggersi.
Per approfondire il pensiero di Daniel Siegel, ecco alcuni dei suoi libri: