È vero che siamo di natura dinamici, che la vita stessa cambia da un secondo all’altro (sotto alcuni aspetti), che il cambiamento, pur se uno ci mette tanto a produrlo, succede in un’attimo (da un secondo a quello dopo). È vero pure che viviamo in un periodo storico che oserei chiamare “frettoloso”, in cui siamo spinti e spesso costretti a correre fisicamente da un posto all’altro, e mentalmente da un pensiero/ preoccupazione/ compito all’altro. A casa, così come al lavoro, così come in tutto il resto (poco) che ci rimane. Eppure la sensazione che ho è che così facendo si vive in qualche modo accanto o avanti a noi stessi, e non dentro. E se noi non siamo dentro di noi, che vita viviamo? Oppure di chi?

Sempre in questo periodo sono fiorite anche diverse soluzioni alla fretta che ci trascina a vivere nel futuro e che ha come minimo l’effetto ansia: mindfulness, yoga, rilassamento, training autogeno, ecc. Ben vengano, la pratica di queste discipline ci potrebbero aiutare a ritornare in noi e a vivere esattamente quello che c’è adesso, con quello che siamo, con quello che abbiamo, con quello che sentiamo, vediamo, tocchiamo, annusiamo. Quanto si arricchisce un secondo se lo riempiamo di quello che c’è!
Provate a immaginare che posso essere al parco, in una bella giornata di ottobre romano, con il sole che scende tra le foglie gialle di un albero, con l’aria fresca che accarezza la pelle, il cielo sereno che invita alla calma, qualche uccello che canta in versi armoniosi, un neonato che sorride, muove mani e piedi come per voler afferrare l’attimo. Questo sarebbe vivere in pieno il momento.
Certo, qualcuno potrebbe dire, ma ho tante cose da fare, come mi posso concedere questa pace? Ancora di più, visto che le altre cose avranno il loro momento, che potrei vivere anche quelli con pienezza.
Certo, qualcuno potrebbe dire, con le cose belle sono bravi tutti! No, non siamo bravi in questo, ma siamo bravi invece a pensare ad altro. Succede a tutti, proprio in virtù del fatto che la mente umana è allenata a risolvere problemi e quindi quando non ne ha, cerca, sia nel passato, sia nel futuro. E poi, anche i momenti meno piacevoli avrebbero diritto al loro tempo: se ho un problema, gli posso dedicare il suo tempo, e sarò molto più efficiente nel risolverlo così rispetto a rimuginare in continuazione mentre faccio altro. Se lavo i piatti e non mi piace, vivrei meglio quel momento se mi mettessi l’animo in pace che quello è il momento dei piatti, rispetto a dirmi quanto non mi piace. Se sono triste per un certo motivo, posso dedicarmi tempo di vivere quella tristezza, come per consumarla, invece di rimandarla, evitarla, e così facendo portarmela dietro.
P.S.:Quel “qualcuno potrebbe dire”, di fatto, è la mia mente, e mentre scrivo del non pensare ad altro, penso ad altro. Rendo l’idea?
Detto ciò, auguro più momenti mindful per tutti! 🙂