Il copione di vita è un concetto “al cuore dell’analisi transazionale”, come sottolineano O’ Reilly-Knapp ed Erskine (2003). Risponde infatti ad una delle tre esigenze fondamentali, che Berne chiamava “fami”, e cioè alla “fame di struttura”, a lungo termine, in modo da evitare il disagio di vivere dentro un tempo non pianificato, senza senso e possibilità di controllo. Per Berne, il copione è “un piano di vita che si basa su di una decisione presa durante l’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli avvenimenti successivi, e che culmina in una scelta decisiva” (Berne, 1972).
Il concetto di copione ha una evoluzione a partire da una linea quasi deterministica di Berne per arrivare alla concezione attuale di copione co-costruito di Tudor. Per Berne, i messaggi dei genitori, a partire dal protocollo (esperienza traumatica), vengono assorbiti dai bambini in maniera piuttosto passiva e su di essi vengono costruite le decisioni e operate le scelte per arrivare alla manifestazione finale del tornaconto. Steiner rappresenta questa situazione con la matrice del copione, mettendo in una posizione più in alto gli Stati dell’Io dei genitori rispetto agli Stati dell’Io del bambino, con delle frecce unidirezionali dai genitori ai bambini.
Cornell (1988, p. 281) spiega la formazione del copione come un processo attivo e non passivo, come “il processo con cui l’individuo cerca un senso al suo ambiente familiare e sociale, per dare significato alla sua esistenza e per prevedere e gestire i problemi della vita, nella speranza di realizzare sogni e desideri”, così come lo hanno considerato prima i Goulding (1979) e cioè come esito di “decisioni attive”. Anche Fanita English si distacca dalla concezione berniana di copione, quando parla di “conclusioni di sopravvivenza” che “vengono integrate nel nostro organismo come se si trattasse di una nostra <<seconda natura>>, attraverso l’alternanza dei processi di assimilazione e accomodazione”, che è “un processo complesso che non può essere ridotto a un semplice condizionamento”. Inoltre, le conclusioni di sopravvivenza vengono prese ad ogni stadio di sviluppo. “Sebbene alcune possano rinforzarsi tra di loro o combinarsi così da formare una <<sindrome>> disfunzionale, nuove conclusioni vengono continuamente integrate in tutti i successivi stadi evolutivi, compresa l’età adulta” (English, 1988). La visione costruttivista del copione, infatti, (Allen, Allen, 1997; Loria, 1995; Cornell, 1988; Tosi, 2010, cit. in Barbon, De Villa, Tauriello, 2015, p. 65) “in cui il copione è inteso come una costruzione soggettiva continua della realtà, che è funzionale alla ricerca e attribuzione di significato, serve ad orientarsi e dare direzione all’agire umano”.
In termini ATSC (Analisi Transazionale Socio Cognitiva), il copione è “capace di costruttiva assimilazione e accomodamento di fronte alla vita; talora può avere vincoli o carenze di vincoli che richiedono la trasformazione di alcuni processi Bambino, Adulto e Genitore al fine di promuovere la flessibilità e la strutturazione, necessarie per una vita che abbia significato e sia funzionale alla convivenza, alla sopravvivenza e alla trasmissione della dotazione genetica” (Scilligo, Bianchini, 2006, p. 358).
In altri termini, molti autori (Cornell, English, Newton) considerano il copione come una modalità di costruire l’identità e di organizzare la realtà, di dare una struttura a ciò che è dentro e fuori di noi.
La concezione di copione che abbraccio considera il copione una co-creazione: non sono solo i genitori dall’alto che “impiantano” messaggi ingiuntivi, controingiuntivi o programmi nei loro bambini, ma è la continua influenza reciproca che dà nascita a Stati dell’Io in varie relazioni lungo la vita. In questa linea, si può rappresentare graficamente questa concezione attraverso la matrice di copione di Summers e Tudor (2000): questo tipo di matrice valorizza la intersoggettività tra tutte le figure significative intorno alla persona analizzata: in effetti, si potrebbero rappresentare più persone, oltre i genitori. Tutti i partecipanti sono sulla stessa posizione, per sottolineare il fatto che ognuno ha la sua possibilità di scelta, in base al contesto e non c’è un determinismo dall’alto. Le frecce sono bidirezionali, sottolineando l’influenza reciproca, e i messaggi sono co-creati: il bambino, nel suo percorso evolutivo, ha la possibilità in ogni momento di accettarli o meno, di usarli con rigidità o in base alla situazione, ma anche di rifiutarli.

Nella pratica clinica, questa matrice la costruisco sia a partire dal test Espero (Scilligo, D’Aversa, Liverano, 1999), che misura quantitativamente la presenza di ingiunzioni e controingiunzioni, sia dal colloquio clinico.
Al livello terapeutico, viene enfatizzata la interrelazione, in cui paziente e terapeuta sono tutti e due esperti, il primo della propria storia, il secondo delle conoscenze e dell’esperienza personale e professionale. Viene data molta importanza all’interazione, in cui ogni partecipante è attivo e contribuisce, nel dialogo, alla creazione di nuovi significati, che emergeranno piano piano e prenderanno posto a vecchie verità. Il potere terapeutico viene dato quindi dalla relazione nel qui e ora, che non è una relazione simbiotica.
Questa concezione del copione mi ha stimolata nella pratica clinica sotto vari aspetti. In primo luogo per quanto riguarda il focus sul processo: ho avuto modo di prestare attenzione agli SdI, miei e dei pazienti, nel qui e ora, e di interrogarmi sul loro senso, quello che Summers e Tudor (2000) chiamano processi di co-transfert, cioè l’insieme dei transfert e dei controtransfert nel momento presente. Ho avuto modo quindi anche di mettermi in discussione e di mettere in relazione elementi della mia narrazione con quelli dei pazienti. Un’altra cosa che ho appreso e sperimentato grazie a questa visione è la costruzione “insieme” del cambiamento, passo dopo passo, in uno spazio che non era legato solo a me o solo al paziente, ma alla nostra relazione unica, nuova, e in quanto tale nuovo possibile modello di relazione. In questo modo si è creata una “sospensione dell’attesa transferale” (Summers, Tudor, cit. in Aceti, Liverano, 2014) e la possibilità di vivere nuovi tipi di risposte.
Bibliografia
Aceti, T., Liverano, A. (2014). Dal Processo del Cliente alla Relazione Terapeutica: Il Copione come Costruzione Cocreativa secondo Summers e Tudor. AT e Metodologie Psicoterapeutiche, Anno XXXIV, n. 30, 2014 (67): 67-82.
Barbon, R., De Villa, D., Tauriello, S. (2015). La formulazione del caso. Psicologia Psicoterapia e Salute, vol. 21, n.1-2, 59-87.
Berne, E. (1972). Ciao ! … e poi? Milano: Bompiani, 1979.
Cornell, W. F. (1988). Life Script Theory: a critical review from a developmental perspective. Transactional Analysis Journal, 18, (4).
English, F. (1988), Wither Scripts? T.A.J. vol. 18, n. 4.
O’ Reilly-Knapp, M, Erskine, R. (2003). Core Concepts of an Integrative Psychotherapy. Transactional Analysis Journal, vol.33, n.2, 168-177.
Summers, G., & Tudor, K. (2000). Co creative transactional analysis. Transactional Analysis Journal, 30(1), 23-40.
Scilligo, P. (2009). Analisi Transazionale Socio-Cognitiva. Roma: LAS.
Scilligo, P., D’Aversa, C., Liverano, A., (1999). Il questionario ESPERO: la misurazione delle
ingiunzioni e delle contro-ingiunzioni. Psicologia Psicoterapia e Salute, vol. 5, n.2, 137-164.