Avanzo con cura, lentamente,
lungo un sentiero
che traccio io stessa
passo dopo passo:
per potere tornare
lascio cadere dietro di me
briciole di lettere e di parole.
Sono partita da tanto,
ho terminato
le poche sillabe che m’ero portata
al sacco per provvista.
Per fortuna, ho scoperto
che tutto
può essere trasformato in parole
e ho continuato ad andare avanti
spandendo
le parole di cui mi disfo
come si disfa un vecchio pullover
in grumi di lana infeltrita dal troppo uso….Da “Un tempo gli alberi avevano occhi” – di Ana Blandiana
Il non detto, di cui non si conoscono neanche le parole, vive sotto forma di sensazioni e di agiti e, in quanto tale, ci influenza la vita, quello che facciamo, quello che non possiamo fare, quello che pensiamo per spiegarci ciò che ci sta succedendo.
Questo non detto, però sentito, fisicamente o emotivamente, è possibile che sia stato vissuto in un periodo della nostra vita in cui non avevamo ancora le parole per creare una narrazione di ciò che ci sta capitando, un senso: nei primissimi anni di vita. Eppure, essendo stato vissuto, rimane nella memoria, in quel tipo di memoria che oggi chiamiamo memoria implicita. Quella memoria che si differenzia appunto da quella esplicita, di più facile modellamento, in quanto abbiamo a disposizione una materia prima già parzialmente elaborata.
Man mano che cresciamo, possiamo, o meno, sviluppare alcune abilità di conoscerci, di comprenderci, di stare con noi e con le nostre sensazioni, con i nostri non detti. Alcuni diventiamo artisti e di tutto il non detto riusciamo a dire qualcosa. Altri diventiamo scienziati, a forza di esercitarci a cercare un senso attraverso la ragione. Alcuni ci allontaniamo dai non detti, che percepiamo come pericolosi, dei vulcani pronti ad esplodere, e qualche volta esplodono in sintomi di vario tipo.
Tanti di noi abbiamo esperienze simili, e quando le sentiamo raccontante da qualcun altro, ci sentiamo compresi e rassicurati, quasi come se ci fossimo trovati dopo una lunga ricerca. In psicoterapia, il rimando elaborato che uno psicoterapeuta attento fa del racconto di un paziente, può essere rivelatore: ha messo parole al suo non detto. Ha dato forma a ciò che era plasma incontenibile. E una forma ci dà la possibilità di poter gestire, rispetto all’incontenibile non detto che non si sa neanche da dove prenderlo.
Con una poesia si entra in intimità, è un luogo dove ci si incontra con autenticità.
Alcuni modi in cui la poesia può esserci d’aiuto per la nostra vita psicologica, e non solo:
- stimola la consapevolezza di un problema
- ci si sente compresi da qualcuno che ha vissuto la stessa cosa: non siamo gli unici ad esserci capitato quella cosa
- ci aiuta a riconoscere le emozioni che proviamo
- possiamo trovare alternative a degli impasse
- entriamo in contatto con le esperienze se degli altri e di come loro hanno elaborato queste esperienze
- stimola l’attenzione, la riflessione, gli aspetti cognitivo e affettivi
- stimola la creatività e l’immaginazione
D’altronde, le parole sono la voce dell’anima – come diceva Confucius.
Se vi ritrovate in queste parole e avete esperienza di essere stati aiutati psicologicamente dalle poesie, sarei grata se riportate a vostra esperienza nei commenti e perché no, anche la poesia stessa a cui fatte riferimento.
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